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MAD(E) IN ITALY

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OPINIONE N.320 MARKUP

C’è chi appena sente l’espressione “made in Italy” si mette la mano al cuore, pronto a intonare l’Inno di Mameli. Personalmente, invece, la prima reazione è di fastidio, quasi un prurito allergico.

L’Italia è il Paese con il maggior numero di siti tutelati dall’Unesco, un numero incommensurabile di opere d’arte di tutte le epoche, sede del teatro più famoso del mondo e patria di alcuni dei più importanti compositori, culla della dieta mediterranea e di un’infinità di eccellenze eno-gastronomiche, ricca di territori estremamente diversi dalle Dolomiti e alle splendide spiagge della Sardegna o del Salento, fucina delle macchine sportive più belle e vincenti del mondo, e potrei continuare all’infinito…

Proprio per questo è la maggiore destinazione turistica sognata (e mitizzata, ma va bene così) da buona parte della popolazione mondiale.

Eppure… eppure non siamo la prima destinazione turistica (siamo al quinto posto, battuti da Francia e Spagna e poco avanti della Turchia), non siamo il primo esportatore di beni agro-alimentari (questa volta battuti, tra gli altri, oltre che dalla solita Francia anche dai Paesi Bassi!).

Tutto questo accade nonostante da decenni la retorica del “Made in Italy” ci sovrasti sui media, compaia in decine di convegni e ci strizzi l’occhio dai packaging sugli scaffali della distribuzione.

Senza entrare nel merito dell’imbarazzante campagna “open to meraviglia” (dove il primo imbarazzo è solo pensare che tali campagne gestite dalle istituzioni pubbliche possano portare anche un solo turista in più…) ritengo che per un reale supporto al vero “made in Italy” sarebbe necessario (e sufficiente) mettere attorno al tavolo tutti gli attori di tante filiere, guardando i numeri della realtà, abbattendo barriere e mettendo da parte- una volta tanto- i nostri egoismi.

@danielecazzani