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RETAIL & STORIES POWERED BY DANIELE CAZZANI

IL RETAIL E L’ASINO DI BURIDANO

(Mio articolo sul numero di dicembre 2025 di MarkUp)

In base a molte autorevoli previsioni il 2026 si preannuncia come un anno di passaggio senza particolari scossoni; un anno in cui prendere atto di alcuni cambiamenti registrati negli ultimi anni.

Probabilmente assuefatto dopo stagioni di incertezze e hype, il consumatore è oramai entrato in una nuova fase fatta di scelte che mixano l’aspetto razionale e quello emozionale, con la tanto citata customer experience divenuta sempre più centrale (per quanto, per molti, ancora oggetto indefinito).

Il cliente, in sintesi, è oggi alla ricerca di un bilanciamento tra prezzo e valore, tra digitale e fisico, tra immediatezza e significato.

Nel retail il negozio fisico è tornato ad essere visto come centrale nelle strategie e, almeno a giudicare dalle dichiarazioni, la volontà d’investire di più (e, auspicabilmente, meglio) sulle risorse umane sembra accumunare molti retailer. Contestualmente assistiamo a una trasformazione dei negozi in spazi “ibridi” in cui tecnologia e relazione umana convivono per creare valore, con l’obiettivo di accogliere e accompagnare il cliente in un percorso coerente dal sito web al punto vendita.

Mentre si attendono le prime mosse di nuovi attori che dal mondo dell’industria hanno fatto il salto nel retail, nelle arene competitive entrano sì nuovi player, ma senza che vi sia la consueta eccessiva preoccupazione che spesso ha accompagnato questi avvenimenti in passato.

Potremmo definire idilliaco questo quadro se non fosse per le tensioni sulle marginalità in cui dibattono tanti settori e la preoccupazione sulla tenuta dei volumi dei consumi (che, non da oggi, fa parte delle quotidiane ansie di tanti manager). In una parola, potremmo parlare di equilibrio.

Temo che la realtà sia più complessa… 

Forse qualcuno si sta illudendo che l’intelligenza artificiale– che ha riempito pagine di riviste e ore e ore di webinar, workshop e convegni- possa essere inserita nella “cassetta degli attrezzi” del buon Retailer.

La realtà è che siamo ancora ai primi passi di un’autentica rivoluzione che spazzerà via vecchi modelli di business proprio per l’impatto che avrà sia sul lato della domanda che dell’offerta.

Un fattore, tutt’altro trascurabile, da considerare è poi che non sarà nelle mani del retail gestire la velocità di questa rivoluzione.

Allo stesso modo, nonostante numerosi studi e ricerche, temo si sia lontani dal capire appieno quali saranno gli stili di consumo delle nuove generazioni che spaziano dal fast fashion e fast delivery all’attenzione ai temi legati alla sostenibilità, col rischio poi di farci dimenticare quanto la silver economy sia già oggi una realtà per il nostro Paese e come quindi oltre che ai nipoti sarebbe necessario prestare maggiore attenzione ai nonni.

Il consumatore è diventato meno prevedibile, e verosimilmente nemmeno l’AI predittiva potrà risolvere appieno questo problema, il confine tra settori sfuma sempre più– anche se vi sono interessanti esperienze di verticalizzazione- così come quella tra prodotto e servizio.

Quello che oggi etichettiamo come “equilibrio” è quindi solo una narrazione superficiale validata sì da aspetti congiunturali ma che non guarda oltre.

Questa incertezza rischia però di portare alcune aziende a preferire una situazione di stallo, portandole a comportarsi come moderni asini di Buridano che, nel dubbio di quale sia la migliore scelta (di fieno, nel suo caso, di innovazione nel caso del retail) finisce col lasciarsi morire.

Ovviamente, mi preme sottolinearlo, il mio non è un auspicio ma un avvertimento.

Non è questo il momento di attendere; è anzi il momento di decidere, senza paura di scegliere il “fieno” sbagliato.

Sarebbe ben più grave rimandare il necessario ripensamento delle proprie organizzazioni alla luce della discontinuità imposta dall’accelerazione dell’AI, attingendo se necessario a nuove competenze e risorse.